Storie dei nostri veci |
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COL. DOMENICO ROSSOTTO |
Col. Domenico ROSSOTTO
Nato a La Cassa (TO) il 21/03/1894
Morto a Limone Piemonte (Cuneo) il 17/10/1991
Decorato dell’Ordine Militare d’Italia e 4 medaglie d’argento.
Comandante
del Gruppo Conegliano del 3° RGT Art. da montagna della Divisione Julia, dal
1937 al 1943, prima sul fronte Greco-Albanese e poi in Russia.
Nel 1985 il Comune di
Conegliano gli ha conferito la cittadinanza onoraria.
Il 19 luglio 1992 in sua
memoria è stata intitolata la sede del Gruppo Alpini di Limone Piemonte sezione
di Cuneo, dove risiedeva negli ultimi anni di vita.
Giulio Bedeschi all’epoca
ufficiale medico della 13ª BTR del Gruppo Conegliano e famoso autore del libro
“Centomila gavette di ghiaccio” dove lo ha citato con lo pseudonimo di “Verdotti”,
così lo ricorda: perché «retto di principi, forte d’animo, preparato, realista,
generoso di ambizione giusta, deciso e rispettoso della vita dei suoi
subalterni, umile».
Il Colonnello Rossotto ha
vissuto la vita militare da protagonista, ma con assoluta modestia, attribuendo
il merito dei suoi successi agli uomini al suo comando.
Nella vita civile ha
continuato nella sua missione, ma senza chiedere onori o riconoscimenti, dei
quali era schivo, ma sempre disponibile e in prima fila in ogni circostanza.
Cattolico convinto, anche se
non lo dimostrava pubblicamente, coerente allo spirito della religione ha sempre
messo al centro della sua filosofia militare l’uomo nel governo degli uomini, il
rapporto con i suoi soldati all’impronta di una grande umanità, considerandoli
uomini con tutti i loro problemi, con la loro personalità che amalgamava per
ottenere un reparto efficiente e all’altezza dei propri compiti, sia in guerra
che in pace. Era così convinto di poter ottenere il massimo dai suoi soldati che
il termine “soldati” comprendeva sott’ufficiali e ufficiali, che chiamava “i
miei leoni”.
Essi lo ricompensavano
chiamandolo confidenzialmente “papà Rossotto”, talmente forte era il legame che
lo univa ai suoi soldati.
Anche nei momenti più
drammatici e pericolosi, sapeva trasmettere ai suoi artiglieri, fiducia,
speranza, dimostrando di saper dominare le situazioni con calma, esperienza e
profonda conoscenza dell’arte militare, un trascinatore con l’esempio che
offriva ai suoi soldati in qualsiasi occasione.
Raccomandava sempre ai
propri ufficiali, di evitare che i disagi della guerra potessero provocare poco
per volta l’abbrutimento dei soldati.
La cura della divisa era una
delle cose più importanti, il suo cappello alpino rigido e senza le famose
“pacche”, erano segni che contraddistinguevano anche tutto il suo reparto.
Per ottenere tutte queste
cose era necessaria molta autodisciplina, non fine a se stessa, ma allo scopo di
rafforzare il carattere dei soldati e superare le situazioni più difficili.
Vivere a fianco del Col.
Rossotto è stata una grande scuola di vita che è servita a tutti coloro che
hanno avuto la fortuna di sopravvivere ai tragici eventi della guerra e che oggi
ormai rimasti pochi possono personalmente testimoniarlo e confermare.
Dopo due guerre, terminate
le traversie, onorato del dovere compiuto, la sua esistenza è stata gratificata
dall’affetto di una moglie adorabile, rallegrato dai figli e nipoti.
E’ morto quasi centenario
circondato ed avvolto dalla coltre leggera della pace nel calore della famiglia
e nella presenza di Dio.
Una lunga spina acuta e
pungente, quella l’ha sempre avuta ”i suoi soldati”, i suoi ufficiali morti sul
campo di battaglia, ai quali quotidianamente riservava una preghiera.
Note: la gran parte di queste informazioni è stata fornita dal suo ultimo
Aiutante Maggiore, ten. Pietro Marchisio (di Torino).