Storie dei nostri veci |
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EMILIO COLLOT |
Dicembre 2008
E’ una domenica di giugno, sono ospite degli alpini di Solighetto e soprattutto del capogruppo, il
neo Cavaliere della Repubblica Giovanni Mazzero, che proprio in quest’occasione offre un pranzo delizioso per
festeggiare quest’importante soddisfazione personale condividendo la gioia con gli amici. A fianco a me noto un arzillo
signore un po’ sordo che mostra un ottimo appetito nel degustare le prelibatezze preparate.
Chiedo a “Juanito” chi sia.
…E’ mio zio, un alpino del ’15… mi risponde. Da qui è partita la mia curiosità nel voler approfondire la
conoscenza di questa persona.
Emilio Collot è nato a Solighetto l’8 luglio 1915 in una famiglia composta da papà Salvi Collot,
mamma Santa Collodel e 10 fratelli. E’ venuto alla luce e ha abitato in quella bellissima casa colonica patriarcale che
si scorge sulla destra nella collina che domina il centro storico di Solighetto. Ha fatto e farà ancora il contadino
finché Dio continuerà a dargli la salute e l’energia sufficiente.
Nei giorni di pasqua 1936 venne chiamato a fare la naja a Pieve di Cadore, nella 67^ compagnia del
Btg. Pieve di Cadore. Dopo in mese passato fra gli splendidi scenari dolomitici fu inviato assieme al suo plotone ad
Udine per frequentare un corso per l’uso delle maschere antigas contro gli aggressivi chimici.
Fu temporaneamente
congedato nell’agosto del 1937 e richiamato poi il 10 maggio 1940 a Feltre, mentre l’Italia si preparava ad entrare in
guerra contro la Francia. Di quei giorni ricorda quel famoso discorso del Duce ascoltato alla radio: … 44 milioni di
persone, 8 milioni di baionette, 16 milioni di tonnellate di naviglio …. Se avanzo seguitemi, se retrocedo uccidetemi ….
Rammenta gli scarsi mezzi e l’impreparazione già chiari nell’ambiente dell’esercito italiano. In
quel momento sotto le armi nel corpo alpino c’erano pure i fratelli Guglielmo e Giovanni. Fu inviato a Seren del Grappa
e a Bastia d’Alpago ove si tenevano i corsi per i richiamati. Nominato caporale, nella primavera del 1941 fu mandato
nella provincia di Enna al seguito della sua compagnia ove venne impiegato come infermiere, mansione che ricoprì con
estrema dedizione, rivelando una naturale predisposizione al soccorso delle altrui sofferenze.
Durante il fatidico 8 settembre Emilio si trovava fortunatamente a casa in licenza, scampò così ai
primi rastrellamenti nascondendosi fra le boscaglie delle colline pievigine. Dopo qualche mese, tornato dalla
clandestinità, fu militarizzato dalla TODT ed impiegato nella ricostruzione dei vari obiettivi bombardati dagli
alleati. In questo frangente dovette assistere alla guerriglia fra partigiani e tedeschi che si combatté nelle varie
località del Quartier del Piave e che comportò decine di morti.
Nell’agosto del ’44 venne bruciata la casa natale dei Collot con la morte di tre bovini, un danno
che in un’epoca turbata già duramente dalla fame e dalla carestia contribuì ad arrecare nell’ambito familiare ulteriore
sconforto. Finita finalmente la guerra nella primavera del ’45 Emilio poté tornare al lavoro dei campi e riuscì a
coronare il sogno d’amore con Angela. Dal loro matrimonio sono nati Dino, Elsa, Giulio ed Egidio.
Da sempre iscritto all’ANA, Emilio è testimone di quasi un secolo di vita, nella quale non è stato
eroe ma cittadino esemplare, rispettoso del prossimo, obbediente alla richiesta della Patria.
Renzo Sossai