Storie dei nostri veci |
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ERMENEGILDO MARIOTTO |
Ermenegildo Mariotto con la moglie Angela Fregolent (coetanea). Alle loro spalle l’ovale con la foto matrimoniale del 1940, e il quadro (Cuore Alpino) del pittore E. Tonello, che ritrae i vari componenti della famiglia Mariotto:; Giuseppe classe 1881 partecipò in Francia a Verdum alla I Guerra Mondiale, Natale classe 1908, 3° Art. da montagna Gruppo Conegliano, Vincenzo classe 1910; sotto, Ermenegildo classe 1913, 3° Art. da montagna Gruppo Val Piave, Gilmo classe 1944, 3°Art. da montagna Gruppo Osoppo, Eligio classe 1969. |
Ermenegildo Mariotto, classe 1913, artigliere alpino, combattente, del 3° Artiglieria Alpina JULIA Gruppo Belluno, 23a batteria. Arruolato nel 1934, dopo il primo addestramento presta servizio al Circolo Ufficiali nella caserma di Belluno fino al 1935, viene quindi congedato. Con l’inizio della 2a Guerra Mondiale, è richiamato, e con la 18a Batteria del Gruppo Udine dall’8-9 agosto al 10 dicembre del 1939 è presente nel fangoso fronte Albanese, dopo un breve ritorno in famiglia è richiamato alla Batteria Deposito a Gorizia, poi sarà ancora richiamato alla Batteria Deposito a Belluno nel 1941, da dove il 20 Agosto del 1942 con la 35a Batteria del Gruppo Val Piave, inizierà la tragica quanto gloriosa odissea sul fronte Russo; pur ferito all’avambraccio partecipava il 26 gennaio 1943 alla battaglia di Nikolajewka. L’inferno russo terminerà il 14 febbraio 1943 con il rientro in Italia ed il ricovero il 7 marzo all’ospedale di Pisa per la cura delle ferite e del congelamento; sarà ancora in servizio alla Batteria Deposito a Belluno fino al 6 settembre 1943 , quando elusa la sorveglianza nemica alla caserma riuscirà assieme ad alcuni commilitoni a riunirsi alla famiglia dopo aver trascorso 98 mesi in grigioverde. Ermenegildo per il suo contributo alla decisiva battaglia di Nikolajewka è decorato con la Croce al Valor Militare dal 17 dicembre 1954.
Socio fondatore del Gruppo Alpini di Fontigo, sicuro esempio e bandiera partecipa alle attività e manifestazioni con prontezza ed entusiasmo.
Si percepiva benissimo, il brusio nel camerone quella notte era “diverso” dal solito,
sembrava carico di quel non so che di elettrico, somigliante all’aria che anticipa di
poco un temporale estivo.
Qualcuno per la verità gia russava forte, segno evidente di
una mezza “ciucca” alcuni andavano avanti e indietro dalle latrine, altri fumavano silenziosi
alle finestre aperte con la mente e lo sguardo lontano nel buio della notte, e, c’era
chi seduto sulla sponda della bran-da parlava sottovoce al proprio vicino amico e confidente,
chi si girava e rigirava nella branda facendo cigolare il metallo cercando un po' d’aria fresca,
anche se la notte non era eccessivamente calda.
La ritirata era suonata da molto tempo ma il
silenzio stentava a farsi padrone della caserma, dalle scuderie arrivava un rumore che non era
lo stesso di sempre, anche i muli di sicuro avevano capito lo stato d’animo degli uomini, e si
sentiva che erano un po’ nervosi, irrequieti.
Libera, la mente vagava, la famiglia, la giovane
moglie, ancora con i risi sul collo, la piccola bambina di 11 mesi dai bei riccioli biondi che
già faceva dei passetti, l’anziano padre sofferente, la sorella già sposata e madre, i fratelli
all’estero emigranti in terra straniera in cerca di fortuna e lavoro, i magri raccolti di ogni
anno, che seppur lavorata con tanti sacrifici, la piccola proprietà di terreno riusciva a produrre,
quanti pensieri, quanti ricordi, ne ho viste tante ormai, eppure sono ancora giovane, sul fronte
Albanese ho perduto degli amici, dei conoscenti giovani esuberanti, pieni di vita, con tanti sogni,
con tante speranze, ora non ci sono più, altri ancor più giovani, appena ventenni dormono in quelle
brande, ignari di quanta storia è passata con i suoi drammi e dolori tra quelle povere coperte, ma
anche con momenti sereni d’allegria, di sani propositi, d’amicizia sincera, amicizia alpina: ora
basta pensare dovrei dormire, domani, no, anzi oggi ormai, sarà un giorno molto impegnativo, ma
la mente continua a ricordare, e rivedo il mio andirivieni dalla casa alla caserma, ormai tra
un richiamo e l’altro sono più di 8 anni che porto il capello alpino, e di anni ne ho fatto
ormai 29, per quanto ancora lo zaino, il mulo, queste stellette ? questo capello ?
Ancora per
poco, dicono che per Natale sarà tutto finito, il nemico sarà vinto, la guerra finita, e noi
tutti ritorneremo alle famiglie, vivendo e godendo dei frutti e privilegi imposti ai vinti, ma,
ma questo è lo stesso ritornello che ho sentito prima di partire per l’Albania, che impressione
salire sulla nave per la prima volta, confrontarsi con la vastità del mare, e poi trovarsi a
combattere in un’altra terra, aspra, umida, fangosa, fredda, ostile, nemica: ma grazie a quella
specie di mobile in cui si sentono delle voci, era arrivato per noi della classe del “13” l’ordine
di rientrare in Italia e passare il S. Natale in famiglia, adesso lo stesso mobile parlante, ”lo
chiamano radio” parla di comunismo di Russia di materie necessarie alla patria, anche le truppe
alpine devono essere presenti, ci sono montagne importanti da conquistare, da tenere, sono punti
strategici per il prosieguo della guerra rapida e vittoriosa che il nostro alleato sta portando
avanti in quelle terre lontane, molto lontane, ma ricche di ogni ben di Dio, ma sarà poi vero?
Qualcuno, che forse ne sa qualcosa di più, dice che dove ci mandano non ci sono montagne, poche
case, e molto lontane una dall’altra, niente strade, la gente ostile e poco più che primitiva,
insomma da male in peggio, dalla padella alla brace, sempre così per noi alpini, per fortuna
abbiamo dei comandanti comprensivi con un buon affiatamento, che sanno “vivere” con la truppa
e capire quelle innocenti trasgressioni che giovani ventenni, senza cattiveria riescono a fare.
Ai piedi della mia branda prima di andare ognuno nella sua, si sono salutati, Piero, Domenico,
Nando e Michele, erano scappati a casa per un saluto alla “morosa” Nando ormai è sposato e
presto anche padre, se loro sono arrivati adesso vuol dire che è proprio tardi, sento che il camerone a parte il russare, è quasi silenzioso, dalle scuderie poco lontane anche i muli
sembrano dormire, mi giro sul fianco: dall’altra branda due occhi ancora aperti mi guardano”
…adess prove a dormir….ciao Gildo”,”…si..anca mì…. note Berto”, ancora un pensiero alla “cea”
e alla ”femena”, oggi qui si sbaracca, carichiamo tutta la 35° Batteria del Gruppo
Val Piave in una tradotta tutta per noi, e partiamo “siamo già in ritardo di un giorno” ci
mandano in Russia.
Gilmo Mariotto
Settembre 2007
Unnooo, duuuee, piccoli insicuri traballanti passetti e poi la piccola di quasi 11 mesi dai bei riccioli biondi-dorati si blocca e incomincia un pianto dirotto accompagnato da due grossi lacrimoni, che scendono a bagnarle le guance paffutelle, allora con le braccia allargate, la chiamo a me, ” Diletta, Diletta, dai vien qua, dai vien in braccio a papà”, ma mentre la chiamo ho capito che due passi dei miei, per lei, sono una enorme distanza ed allora faccio un passo avanti, e subito Diletta e fra le mie braccia, rassicurata smette il pianto e nel suo visetto compare un dolce sorriso di bimba.
Tra il servizio di leva, un richiamo e l’altro mi sono sposato ed ora da 11 mesi sono padre di Diletta. Diletta era anche il nome di mia madre morta giovane “ ha, poareta, l’era tanto tanto debola “ diceva mio padre, ma nel 1919 nel nostro paesello che era fronte di guerra, tutto era distrutto e rimasero solo, rovine miseria e tanta, tanta fame, 5 figlioli da sfamare erano tanti, così si privava lei del cibo per dare qualcosa ai suoi piccoli, una mamma eroica, che si sacrificò per i figli, morì di fame, questa la cruda realtà, verità che pietosamente veniva mascherata con, ”poareta l’era tanto tanto debola”, ma non solo la mamma anche il nonno Antonio morì di fame a causa della guerra, e pensare che quando ci fecero sfollare, le case del nonno erano piene di ogni ben di Dio, si perché nonno era uno dei pochi del paese che “stavano bene”. La guerra ! che grandissima sciagura, che calamità, che disastro la ricordo da bambino, adesso da grande ne ho già fatta e superata una, quella dell’Albania che per me e la mia classe è finita il10 dicembre del 1939 con una licenza illimitata, e adesso? adesso mi godo queste poche ore in famiglia con la mia giovane moglie Angelina, assieme all’amico Viviani di Soligo siamo scappati dalla caserma, per un saluto a casa e vedere i progressi della mia piccola Diletta, a pensarci bene potrebbe essere l’ultima volta, fra 4 giorni si va in guerra, in guerra contro la Russia. Il poco tempo rubato è subito finito, dobbiamo rientrare, un caro saluto al padre Giuseppe, abbraccio la moglie, la piccola Diletta un bacio e con i visi tirati per non piangere ci facciamo le ultime carezze le ultime raccomandaz……Pe .pe. pe. peee. pe.pe peee.pe o Dio! faccio un piccolo salto sulla branda, ma è la sveglia, è arrivato il giorno del distacco, il giorno della partenza, era così bello il sogno, mi sono rivisto a casa, in famiglia, in paese, che felici emozioni. La camerata è tutta un fermento, ci si veste in fretta di corsa ai lavabi, tra un commento e l’altro ci si fa la barba con il ferro, si lisciano i capelli ci si fa belli, stasera partiamo per la Russia e sicuramente alle varie fermate ci saranno dei parenti, conoscenti, morose, spose figli da baciare, abbracciare, da salutare, ci sarà da piangere. Poi col gavettino a prendere il caffè, ancora chiacchiere e qualche battuta anche pesante sulla notte passata, adunata ed alza bandiera, subito dopo il comandante, Capitano Zanocco ci dà le direttive per questa impegnativa giornata, tutto deve essere fatto con il massimo impegno, nell’ordine, con puntualità e con la massima accuratezza, siamo in guerra e bisogna prepararsi bene o nel miglior modo possibile, il fronte e lontanissimo, quindi nello zaino ci deve stare dentro di tutto ed anche di più.
Tutti sono elettrizzati, chi consegna chi ritira e, chi vorrebbe partire subito, chi mai e si
dispera, tre dei nostri appena sposati volevano il divorzio prima della partenza per non lasciare vedove, sono stati
dissuasi dal Comandante ma con fatica, si continua con il lavoro si preparano i finimenti, l’avena l’orzo la paglia per
i muli, paglia! non abbiamo neanche paglia a sufficienza così pian piano vediamo che con l’equipaggiamento in dotazione,
e il materiale a disposizione per vincere una guerra bisognerebbe combattere contro delle persone indifese e mansuete
o comunque non ostili, armi, munizioni, tende, vestiario, basti, carrette, traini, pentole, ecc, ecc.,ogni deposito
viene svuotato e tutto il materiale è controllato dagli uomini e dai graduati, il sergente Ossi, il tenente Alberto
Aurili e il Comandante Zanocco ispezionano ogni cosa, prima che esca dalla caserma per essere caricata sul treno già
fermo si binari a circa nove chilometri da qui.
Un treno tutto per la 35a
Batteria, in alcuni casi con ordini, consigli, suggerimenti, i superiori intervengono giustamente per mantenere il
ritmo e l’ordine per il trasferimento del materiale dalla caserma al treno, così il tempo passa velocemente tra un
preparativo e l’altro, un po' dai pezzi un po' nelle scuderie e presto arriva l’ora del rancio oggi con un po’ di carne in
più, consumato in gavetta, tra un boccone e l’altro si parla del più e del meno, quasi tutti però sono ancora arrabbiati
per l’inutile faticata fatta due mesi fa, andare da Gorizia fino a Udine a piedi perché Sua Maestà e Imperatore Vittorio
Emanuele III passava in rivista le truppe alpine in partenza per la Russia, siamo partiti il 18 Giugno con zaino
affardellato che era ancora notte, e siamo arrivati dopo aver camminato con gli scarponi chiodati e sotto il sole
cocente a Udine già a sera fatta, dopo aver dormito come si poteva il giorno dopo, abbiamo provato il percorso della
sfilata e riposati un po' nell’accampamento, il 20 puliti e lucidati fin nei minimi particolari “pena sanzioni
disciplinari” siamo rimasti schierati per molte ore sotto il sole implacabile in attesa del passaggio di Sua Maestà, che
pochissimi giurano di averlo visto, in molti invece si sono sentiti male, per fortuna poi abbiamo avuto un rancio più
abbondante del solito e dopo aver riposato un poco al mattino ancora con il buio a piedi siamo ritornati a Gorizia,
dove, dopo un giorno di riposo ci hanno fatto sfilare per la città, affinché la cittadinanza salutasse gli alpini in
partenza, d’estate sotto il sole con i vestiti in panno ruvidi, ormai eravamo stanchi pieni di piaghe e vesciche, tutti
con il “brusacul”, da non dire le male parole e le migliaia e migliaia di bestemmie di ogni tipo indirizzate a tutti e
per tutti, un’esperienza unica da dimenticare presto specialmente per i nuovi arrivati in batteria. Finito il rancio si
lavora per sistemare e controllare ogni cosa che si prepara per il carico, qua e là alcuni scrivono, lettere d’addio
d’arrivederci, senza farsi vedere si piange, questa volta e veramente dura, ho una mia famiglia, ci metto il cuore nello
scritto, termino, adunata, c’è il rancio serale, consumato in un’atmosfera quasi irreale e poi verso le 8 adunata ultimi
ordini, disposizioni e raccomandazioni del Comandante Zanocco e poi si preparano i muli per il traino dei pezzi 75/13,
ultime importanti armi da caricare, ne abbiamo 4 e ci vogliono 18 muli ogni pezzo più 2 di riserva insomma 80 muli per
il servizio ai pezzi e poi ci sono ancora casse di granate, le ultime salmerie e vettovaglie, ecc, ecc, e infine quando
ogni cosa è caricata ordinatamente questa sera si esce dalla caserma con ben 123 muli, gli occhi velati al passaggio del
portone tradiscono i sentimenti, in colonna si sente solo lo sferragliare delle ruote nella ghiaia della strada, la
polvere sollevata dalla colonna è subito dispersa dalla brezza serale che mitiga quest’arsura estiva e ci facciamo così
a piedi e in silenzio i 9 km per arrivare alla stazione ferroviaria di Gorizia dove ci attende la tradotta vigilata
dai Carabinieri per evitare ruberie e diserzioni, già sbuffante e con le caldaie in pressione. Si staccano i traini,
viene caricato il materiale, posizionate le rampe, vengono fatti salire i muli, 8 ogni vagone, 4 per parte con i musi
rivolti verso il centro del vagone e legati ad una catena ancorata alle pareti, al centro siamo in tre addetti al loro
servizio, con la poca paglia a disposizione dobbiamo a turno prepararci il giaciglio per dormire se possibile, o almeno
riposare, essendo il più anziano sono anche l’appuntato per il nostro vagone, e pensare che non ho neanche il mulo
personale perchè di riserva.
Gli ufficiali nella prima carrozza e a seguire i graduati la truppa muli
salmerie viveri munizioni armi ecc..ecc..abbiamo fatto una tradotta lunga lunga, dal mio portellone sono riuscito a
contare 37 vagoni e mentre faccio questo vedo sulla banchina tutti gli ufficiali e sottoufficiali che formato un circolo
assistono al passaggio del comando della Batteria tra il capitano Zanocco che resta in Italia e il novo comandante
tenente Alberto Aurili che sarà promosso Capitano in Russia e che conosco molto bene. Gli ultimi saluti ed abbracci,
agli amici e parenti, ne sono arrivati tanti, madri, mogli con il piccolo in braccio che ormai dorme, sorelle fratelli
padri, auguri, speranze, promesse di nozze di ritorno di stare assieme, ordine di entrare nei vagoni, sale la
pressione, la locomotiva è tutta una nuvola di vapore, si chiudono le porte, i portelloni, arriva il fischio prolungato
dal responsabile della stazione, alto sale il fumo del cammino, lo sforzo della macchina è enorme, il primo terribile
scossone va vacillare tutto, i muli ci vengono addosso, ci aggrappiamo alle catene, bisogna quietare le povere bestie,
ma arriva un secondo scossone, abbiamo subito un bel daffare poi ancora uno, ancora uno, ancora uno, poi piano piano si
va, siamo partiti, siamo in guerra, dai finestrini e dalla panchina che si allontana, mani, fazzoletti, nastri, fiori,
tutti in alto salutano con urla e grida ma presto le voci si smorzano e il ”clic..cloc..clic..cloc..ciufff..ciufff..ciufff…ciuff….”del
treno riempie il silenzio di questa bella notte
estiva.
E’
mercoledì 19 Agosto 1942 sono le 11,10 di sera, la 35a Batteria del Gruppo Val Piave Artiglieria da
Montagna della Divisione JULIA, viene trasportata in ferrovia su carri bestiame, da Merna vicino a Gorizia fino al
lontanissimo fronte di guerra, in terra Russa.
Gilmo Mariotto