Storie dei nostri veci |
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ERNESTO MORBIN |
Dicembre 1999
E' una bella serata di settembre, quando incontro accompagnato da alcuni amici alpini del Gruppo
Maset, Ernesto Morbin, d'anni 93. Egli è il "patriarca" del gruppo e in assoluto è tra i più anziani della Sezione ANA
di Conegliano.
Conoscere quest'uomo, nel fisico e nello spirito veramente molto più giovane della sua età, è per me un prezioso regalo.
La sua storia è fatta di fatiche e sacrifici affrontati sempre con massima dignità e grande forza morale. È un esempio
per le giovani generazioni spesso depresse e facilmente vulnerabili davanti alle più modeste difficoltà della vita.
Ernesto Morbin è nato il 18 agosto 1912 in Svizzera a Tablat nel Cantone San Gallo ove i suoi genitori Antonio e Teresa
erano emigrati in cerca di lavoro per sconfiggere la miseria e la povertà dell'Italia dei primi del novecento.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale il padre di Ernesto, Antonio classe 1886, d'origine
vicentina, venne richiamato alle armi e la sua sposa Teresa, bellunese di nascita, dovette ritornare con il figlioletto
al paese natio di San Tomaso Agordino. Come successe purtroppo in molte altre famiglie, in quei frangenti, giunse la
tristissima notizia della morte di Antonio, caporalmaggiore dei bersaglieri, caduto sul Carso nel 1917. Questa tragedia
familiare influì non poco sull'infanzia del piccolo Ernesto. Egli, in ogni caso aiutato dall'affetto dei nonni materni,
confortato dallo stupendo ambiente naturale delle Dolomiti agordine, crebbe forte e sano, studiando fino alla 3a
elementare, affrontando con serenità le prime attività lavorative consistenti nel portare il bestiame del nonno al
pascolo e nello spaccare la legna per i freddi inverni di montagna.
Neppure ventenne partecipò come manovale alla costruzione delle 70 centrali elettriche tra il Cadore e il Bellunese.
Esentato alla prima chiamata alla leva della classe 1912 perché orfano di guerra, Ernesto fu arruolato il 5 ottobre 1934
nel 3° Rgt Artiglieria da montagna Gruppo Belluno. Tale Gruppo passò nei ranghi del 5° Rgt Artiglieria nel 1935 e il 4
dicembre dello stesso anno Ernesto ricevette il primo congedo, rimanendo in ogni modo mobilitato per i lavori di una
galleria di Predazzo. Il 9 aprile 1939 fu richiamato presso il 5° Rgt Artiglieria da Montagna ove prestò servizio
all'interno del distretto di Belluno per diversi mesi. Partecipò in quel periodo a diverse escursioni sul Nevegal con i
muli, portando materiali vari al locale rifugio del 5° Artiglieria da Montagna.
All'indomani dell'entrata in guerra dell'Italia contro la Francia, il 10 giugno 1940, fu inviato
con il suo Reggimento sul Fronte Occidentale. Fu una guerra lampo che costò in ogni modo 700 morti in poco più di due
settimane di operazioni. Di quei momenti Ernesto ha il lucido ricordo dei commilitoni caduti o feriti. Rimane
indelebile nella sua mente il passaggio sul Colle della Maddalena ad ostilità concluse, di un'auto militare scoperta con
il principe Umberto di Savoia, Benito Mussolini e Adolf Hitler.
Nell'animo di Ernesto, da sempre rispettoso dell'altrui libertà, cresceva l'intolleranza per quei
due tirannici dittatori mai paghi del sangue versato per la loro irrefrenabile sete di potere.
Il 24 ottobre 1940 il nostro Ernesto fu nuovamente congedato.
Un anno e mezzo dopo, il 23 aprile 1942 ci fu un nuovo richiamo. Si ritrovò ancora nei ranghi del
5° Artiglieria da Montagna a Belluno assieme a circa 5000 soldati impiegato nel deposito materiali.
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Mandato a casa un'altra volta, fu inquadrato di nuovo il 4 giugno 1943, quando le sorti del
conflitto mondiale cominciavano a delineare una lenta ed inesorabile disfatta per gli eserciti dell'Asse. I presagi di
quello che sarebbe successo con "l'8 settembre" si avvertivano nell'aria in quell'estate del 1943. Nella generale
confusione arrivò quel giorno ed Ernesto che non era più un ragazzo ed aveva accumulato una certa dose di esperienza,
decise che non era proprio il caso di aspettare i tedeschi e così rimanere alla loro mercè. Assieme a molti altri sfondò
l'uscita della caserma e si diede alla macchia. Ben presto con l'arrivo dei nazisti si concretizzò quello che
l'artigliere Morbin aveva ipotizzato. Iniziarono così per quelli che erano rimasti in caserma le deportazioni nei campi
di lavoro e di prigionia in Germania. Intanto Ernesto, assieme a due reclute, del 1922 di Cencenighe, era tornato nei
pressi di San Tomaso. Rimase ben poco a casa perché fu avvisato che anche fra i suoi paesani vi erano dei potenziali
delatori remunerati dai tedeschi con 8.000 lire per ogni tradimento che potesse favorire la cattura di chi si ribellava
all'occupazione nazista.
Ernesto fuggì in alta montagna e scelse definitivamente "la Resistenza" entrando a far parte della
Brigata Fenti del Btg "Col di Lana", formazione partigiana operante fra il bellunese e Falcade.
Molti sono gli episodi che lo videro protagonista con la sua squadra, come quando aggredendo un
plotone tedesco catturarono e portarono in montagna 10 nazisti o come quando venne inviato dal comando partigiano di
Caviola nella Val Gares con dieci chili di tritolo per far saltare un ponte sul Cordevole, punto di comunicazione
strategico delle montagne agordine. Questa operazione con a capo Ernesto, che come altre volte aveva rifiutato i gradi
di sergente, fallì perché un centinaio di tedeschi giunti dal Passo San Pellegrino, temendo gli attacchi dei
partigiani, avevano requisito dei borghesi valligiani per usarli come scudo umano. Ernesto, per non mettere a
repentaglio la vita dei civili, desistette dall'attuare il piano studiato e si salvò per miracolosa un successivo
rastrellamento.
Nel freddo e nevoso inverno fra il '44 e il '45, la situazione delle formazioni partigiane presenti
in alta montagna divenne particolarmente critica. Gli oltre due metri di neve sui passi e sulle cime e l'impossibilità
di scendere a valle con i paesi presidiati e perquisiti casa per casa dai nazifascismi misero in testa ad Ernesto l'idea
di camuffarsi da viaggiatore lungo la linea ferroviaria Belluno/Calalo/Cortina/Dobbiamo/Brunico. Al capolinea Ernesto fu
catturato assieme a due compaesani di San Tomaso. Fu portato a Prato Drava ai confini con l'Austria in un campo di
lavoro diventato magazzino della merce requisita e trafugata con le tradotte dai nazisti. Per sua fortuna i nazisti non
scoprirono la sua identità. Alzandogli le estremità dei calzoni non gli riscontrarono le gambe abbronzate e questo forse
bastò a confermare le sue parole. Esisteva, infatti, il vezzo tra i partigiani di indossare in montagna i pantaloni
corti e la tal cosa divenne purtroppo un segno di riconoscimento negli arresti subiti. Ernesto fu impiegato come
carpentiere e si fece voler bene dal comandante del campo. Quest'ultimo era un biondo e atletico vecchio sottufficiale
della riserva. Aveva delle regole ferree, nello stesso tempo si comportava umanamente nei confronti dei prigionieri,
forse per indole, forse perché in questa guerra aveva perso quasi tutti i suoi familiari. Il rancio in quei giorni non
era certamente ricco, una minestra con qualche verdura e sporadici e quasi invisibili pezzi di carne. In compenso i
pidocchi regnavano sovrani negli alloggi e negli alloggiati.
Qualche giorno prima del 25 aprile 1945 il campo venne chiuso ed i prigionieri liberati. Nel ritorno verso San Tomaso trovò altri partigiani che lo invitarono ad unirsi a loro per attaccare le colonne tedesche che disordinatamente stavano ripiegando verso il loro paese ormai sconfitto e distrutto dalla morsa russo-americana. La risposta di Ernesto fu un vaffa perentorio. Aveva troppa voglia di ricominciare, di recuperare quel tempo che la guerra gli aveva tolto.
A giugno dello stesso anno si sposò con l'amata Elvira, stabilendosi a Caprile. Ernesto fu posto in
congedo ufficialmente il 25 aprile 1946. A forza di richieste ai vari enti preposti gli fu riconosciuto un modestissimo
appannaggio mensile per gli anni di guerra e nella lotta partigiana. Dall'unione con Elvira nacquero tre figli: Antonio,
geniere alpino, Egidio c.m. del 7° Rgt Alpini e Mariarosa.
Nel difficile dopoguerra Ernesto s'impegnò strenuamente nel lavoro: boscaiolo d'inverno, muratore
d'estate, emigrando spesso nella vicina Val Badia ma anche in Svizzera e in Lussemburgo. Nel frattempo si era iscritto
al Gruppo ANA di Alleghe.
Nel 1956 la famiglia Morbin si trasferì a Conegliano: per diciotto anni Ernesto fu l'alfiere della
locale "Associazione orfani e vedove di guerra". Alla nascita del Gruppo Maset nel 1984 s'iscrisse alla neonata entità
alpina coneglianese di cui fu poi per dieci anni l'alfiere. Vennero a galla le doti umane e generose di quest'uomo,
messo a dura prova durante la sua vita. Nella costruzione della sede del Gruppo egli ha contribuito non poco sia
materialmente sia moralmente. Lo stabile è stato inaugurato nel 2001 e ancora adesso Ernesto talvolta gli rende visita
riscontrando tutto l'affetto, la stima e la riconoscenza tributategli per la sua vita affrontata con la massima dignità.
Renzo Sossai