Storie dei nostri veci

GEREMIA MINET

Una giovane vita spezzata: GEREMIA MINET


Luglio 1942: Forte di Osoppo,
vestizione di Geremia Minet

1936, Campagna d’Etiopia
sollevamento di una bocca da fuoco

Maggio 1943, Geremia Minet
convalescente all’ospedale di Bologna

Originario di S. Lucia di Piave, Geremia Minet porta a casa la pelle dalla Russia ma cade sotto le bombe nel suo paese. Concessa nel 1967 la Croce al Merito di Guerra.

Mi accingo a raccontare una storia, che esemplifica l'estrema crudeltà della guerra. E la biografia, purtroppo breve ed amara, dell’artigliere alpino del Gruppo Conegliano Geremia Minet.
Nacque a Santa Lucia di Piave, in località Campidui, ove i suoi nipoti risiedono tuttora, il 21 gennaio 1922.
Cresciuto forte e robusto, alto 1 metro e 80 come è nel D.N.A. dei Minet venne chiamato alle armi nel luglio 1942. Iniziò ad apprendere i primi rudimenti d’addestramento ad Osoppo. Proprio al forte di Osoppo, incontrò il fratello maggiore Olindo, sergente maggiore della classe 1911, già combattente nella campagna coloniale d’Etiopia e futuro fondatore del Gruppo ANA Santa Lucia nel '58.
Olindo, incaricato di addestrare e selezionare le truppe da inviare in Russia, non riuscì a far violenza alla propria integrità morale e non "imboscò" il fratello pur intravedendo in ciò oscuri orizzonti. Lo stesso colonnello comandante del forte, rimproverò Olindo per aver lasciato partire Geremia per il fronte Russo, Il cruccio e il rimorso accompagnarono il fratello maggiore per molti mesi sino a quando, giunse la notizia del ritorno in Italia di Geremia
Assegnato alla 13° batteria del Gruppo Conegliano 3° reggimento Artiglieria Alpina, Geremia partì da Gorizia assieme ai suoi commilitoni, con le tradotte ferroviarie che avevano come capolinea Izjum. Il viaggio in treno durò oltre 2 settimane e altrettanto tempo ci volle per giungere a piedi nei pressi di Rossosch, sede dell’ ARMIR (Armata Militare Italiana in Russia).
Le velleitarie e imprecise supposizioni strategiche sviluppate dagli Stati Maggiori dell’Asse, sommate al sorpassato armamento e all’inadeguato e scadente equipaggiamento delle truppe italiane, costrinsero i nostri soldati a compiere quotidianamente imprese eroiche, ingaggiando col nemico una battaglia impari, Il terribile inverno 1942/43, in cui le temperature oltrepassarono i meno 400, contribuì ulteriormente a sfiancare i nostri ragazzi, decimati da malattie e congelamenti oltre che dal soverchiante fuoco nemico.
Anche Geremia Minet subì il congelamento alle dita del piede destro nel gennaio del 1943. Nella ritirata tragica e disperata, che rappresenta l'apice della triste epopea in Russia, egli fu testimone diretto della benevolenza e della compassione dei civili russi nei confronti dei soldati italiani. Vagante come un fantasma, nel gelido sconfinato paesaggio russo, ricevette ospitalità in un isba, ove venne sfamato e medicato al piede, da una donna russa. Ella indicò al nostro artigliere Alpino la strada giusta per sfuggire all’accerchiamento dell’armata russa.
E' questo un episodio che può sembrare sorprendente, ma furono a migliaia i nostri soldati che ricevettero tali aiuti dai civili russi che offrirono tutto ciò che possedevano a chi in fondo sulla carta era il nemico, quasi sempre avendo in famiglia qualche congiunto a quel tempo impegnato a combattere gli invasori.
Rimarchevole dunque la carità umana dimostrata dal popolo russo. Essa fece da contrasto alla crudeltà, riversata dal regime stalinista nei confronti dei prigionieri sistematicamente reclusi in carceri punitive fino alla disintegrazione fisica e morale perpetuata ancora dopo diversi anni dalla fine del conflitto.
Rimarrà indelebile, nel cuore e nella mente di Geremia il ricordo di questa donna e del suo straordinario gesto. Confesserà ai famigliari di voler ritornare un giorno in Russia, per poter nuovamente incontrare e ringraziare questa persona. Sarà purtroppo, un desiderio mai esaudito, per la tristissima fine a cui sarà destinato.
Per uscire dalla sacca, Geremia camminò per 20 giorni e 20 notti in direzione Ovest (Polonia). Rientrò in Italia a fine marzo ‘43 con una tradotta militare. Per poterlo curare al piede congelato, venne ricoverato all’ospedale militare di Bologna per alcuni mesi. La lunga, estenuante, infinita ritirata aveva reso irriconoscibili questi ragazzi poco più che ventenni, cui solo la voglia di vivere aveva permesso di poter sopportare ciò che umanamente non sarebbe possibile. Dimesso dall’ospedale di Bologna il 20 maggio ‘43, gli vennero prescritti 4 mesi di riposo, Il cataclisma dell’8 settembre lo colse ancora convalescente ed indebolito. Per qualche tempo rimase dentro casa, quasi nascosto da questo incedere tempestoso di avvenimenti. Qualche mese più avanti venne reclutato come tanti altri giovani santalucesi, dalla ditta “TOT” che per i tedeschi eseguiva i lavori di riparazione ai ponti sul fiume Piave a Ponte della Priula. Era questo il periodo dei devastanti bombardamenti sulle città e paesi veneti nei pressi, soprattutto, delle loro linee e stazioni ferroviarie.
I mitraglieri ricognitori americani, tristemente famosi come ‘Pippo della ferrovia” volavano minacciosi sul nostro cielo riportando dati e movimenti, incutendo terrore e desolazione nella popolazione. Innumerevoli furono gli attacchi dei bombardieri sul Piave atti a bloccare le tradotte tedesche che trasportavano ogni ben di Dio in Germania. La famiglia Mìnet che risiedeva da molti anni in una casa adiacente alla tratta ferroviaria Venezia-Udine, per motivi di sicurezza si ritrovò sfollata presso Casa Andreon. A turno il padre Giulio e i figli Olindo e Geremia, dormivano a casa vigilando su possibili atti di sciacallaggio da parte di persone preda della fame e della miseria.
Il 28 febbraio’45, Geremia Minet si trovava a casa. Non voleva recarsi sul Piave con gli altri. Aveva avuto il presagio di un possibile bombardamento sul luogo di lavoro. Invece un bombardiere, alle ore 11, giunto da Sud, scaricò 2 bombe proprio su Casa Minet. Essa venne praticamente rasa al suolo. Geremia morì sul colpo mentre stava indossando le scarpe per uscire dalla casa. Venne ritrovato con un piede scalzo e poco più avanti la sua calzatura. Solo due mesi dopo, finì la guerra; gli americani e le forze di liberazione riportarono la pace. Geremia Minet, sopravvissuto alla campagna di Russia, concluse dunque la sua terrena esistenza a soli 23 anni, lasciando nel dolore più profondo famigliari ed amici. In ognuno che lo conobbe, rimase per sempre una venatura di tristezza, ricordandone la persona. L'indimenticabile colonnello Rossotto, Comandante del Gruppo Conegliano in Russia, valorizzò la figura dei suoi "leoni", tra i quali il nostro compianto. Il 1° marzo 1967 venne concessa a Geremia Minet, la Croce al Merito di Guerra postuma.

Renzo Sossai