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BEPI CADORIN |
GIUSEPPE CADORIN
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Giovedì 22 luglio, dopo il rosario in chiesa, i suoi alpini si sono ritrovati in sede. E’ stato chiesto un minuto di silenzio per onorare “il capitano”. Ed è stato un minuto lungo e pesante. E’ toccato al segretario ricordare tra le lacrime il desidero espresso dal capogruppo. Ed il giorno dopo la bara è stata collocata sopra quel rombo, amorevolmente vegliata dai suoi alpini.
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“Quando muoio voglio che mi mettiate là”.
Nessun presentimento in questa richiesta, solo un segno del grande
attaccamento alla sua sede, quella sede cui Bepi ha dedicato parte della sua
esistenza.
Come il famoso capitano del canto alpino, Bepi Cadorin è morto sul campo. E’
caduto mentre onorava il suo “essere alpino”. E non poteva essere
altrimenti, perché Bepi era “alpino” ogni giorno, ogni sera, ogni ora.
Ci sono persone il cui innato senso del donare è così grande da necessitare,
per esprimersi, di spazi sempre più vasti. Bepi era così. In tale ottica il
suo coinvolgimento nel volontariato non fu una scelta: il suo impegno per gli
altri fu irresistibile richiamo e dovere irrinunciabile.
E’ questa la chiave di lettura per capire la sua vicenda ed il suo impegno nel
Gruppo, nella Sezione, nella sua comunità e per coloro che erano colpiti
dalla sofferenza.
E quello che ha fatto nei suoi anni di intensissima attività, rubati al suo
lavoro, alla sua azienda, spesso alla famiglia, è sotto gli occhi di tutti.
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La generosità è la parola chiave per riassumere il suo carattere: le persone
erano il suo interesse ed il suo problema. Ecco perché noi gli abbiamo voluto
bene, perché tanti con noi gli hanno voluto bene.
Ecco perché eravamo in tanti, a salutarlo. Una folla strabocchevole, a
dimostrazione che il suo impegno non aveva confini. Impossibile, il giorno in
cui l’abbiamo accompagnato nell’ultimo viaggio, contare i gagliardetti dei
Gruppi alpini e delle varie Associazioni. E tante, tantissime penne nere a
sfilare davanti al feretro portato dai suoi alpini.
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“Ci hai insegnato che dalla vita bisogna saper cogliere i momenti più belli per
sorridere e gioire insieme agli altri. Noi ringraziamo il Signore perché
siamo fieri ed orgogliosi di aver avuto la possibilità di vivere accanto ad
una persona veramente grande. Tutto questo non potrà mai essere cancellato
dalla nostra memoria e continuerà per sempre a far parte dei nostri cari
ricordi”
Così, a nome della famiglia, l’ha ricordato il nipote Emanuele.
E così l’hanno salutato gli alpini del Gruppo San Vendemiano, l’altra sua
grande famiglia: “Noi alpini del tuo
Gruppo ti diamo l’ultimo saluto. La tua dedizione, il tuo esempio, la tua
generosità, il tuo buonumore, la tua lealtà, la tua paterna amicizia, la tua
spontaneità, la tua alpinità sono state la carica che ci ha spronato. Sei
stato fiero ed orgoglioso di guidarci. I principi praticati e lasciatici in
eredità garantiranno il futuro del Gruppo. Grazie Beppino, hai sempre
accompagnato i tuoi soci ad andare avanti. Noi ti accompagniamo con passo
deciso. Hai avuto gli alpini nel cuore ed hai raggiunto il tuo amico Gino. Noi
preghiamo, voi aiutateci. Ciao Bepi, capogruppo di tutti noi.”
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Commovente il saluto dei genitori del Centro “Don Gnocchi” per disabili di San
Vendemiano, dove Cadorin era di casa: “Noi
genitori dei disabili, siamo venuti a dirti ciao, Bepi, a nome di questi
ragazzi anche se tra loro e te non c’è mai stato bisogno di tante parole.
Vi capivate con un sorriso, una pacca sulle spalle, un abbraccio. Vi dicevate
tante cose senza bisogno di discorsi, perché tu eri sempre vicino con
semplicità, facendo di tutto perché le difficoltà di ogni loro giorno
fossero meno dure. Eri attento e premuroso come un padre, ma gioioso e
casinista come un amico. Allora ti diciamo semplicemente “ciao Bepi” perché
l’amore non ha bisogno di tante parole.”
I
disabili presenti hanno accompagnato il loro saluto con un canto, forse il più
toccante tra quelli eseguiti in chiesa: “resta
qui con noi... Signore è sera già... se tu sei con noi... la notte non
verrà...”
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L’estremo
saluto a Bepi, sottolineato dalle note sommesse del “Signore delle cime”
degli amici del coro ANA di Vittorio Veneto, a nome degli alpini della Sezione
e di tutti gli alpini che l’hanno conosciuto, è stato dato dal Presidente
Gai: “Caro Bepi sembra impossibile! Ci
siamo lasciati martedì sera, in sede a Conegliano, con il tuo “ci sentiamo
domani”. Così hai salutato noi tutti, per correre ad un altro appuntamento
a San Vendemiano. Gli ultimi momenti della tua vita mostrano il tuo modo di
essere, la tua grande disponibilità, la tua generosità nell’offrire a noi
alpini, alla collettività, ai meno fortunati, la tua opera ed il tuo grande
cuore.
Tutti abbiamo perso un amico, un grande amico.
Ti vogliamo ora pensare insieme al tuo carissimo predecessore Gino Citron, uniti
nella pace del Signore.
Tutta la grande famiglia della Sezione di Conegliano è vicina alla tua cara Anna,
ai tuoi figli, ai parenti, ai tuoi dipendenti, ed agli alpini di San
Vendemiano.
Il nostro ricordo ti accompagnerà sempre e con gratitudine profonda rivivremo i
momenti più significativi e più belli dell’ultimo periodo, quelli in
Assisi nel cantiere di San Quirico e quelli in occasione del Giuramento
Solenne in maggio a Conegliano.
Grazie, caro amico, per quanto ci hai dato, per l’esempio che hai trasmesso ai
giovani, per l’entusiasmo e l’energia che animavano sempre il tuo operare.
Continua a guardarci, abbiamo ancora bisogno di te!
Ciao, caro Bepi.”
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Cadorin non faceva parte di quelli di San Quirico. Ma con il passare del tempo accadeva sempre più spesso che, quando i responsabili del cantiere di Assisi erano in difficoltà per le attrezzature o i trasporti, qualcuno dicesse “prova a chiedere a Bepi ... bisognerebbe telefonare a Cadorin”. E questo a qualunque ora. E quando, nel cambio della squadra, tornavano da Assisi, i volontari telefonavano per strada “prova a contattare Bepi se ci prepara una bottiglia”. E Bepi faceva trovare le bottiglie e qualcos’altro. E così, prima la sua fabbrica e poi la sua sede erano diventati centro logistico di San Quirico, ed inevitabilmente Cadorin ed il suo Gruppo avevano finito per essere coinvolti anche in questa iniziativa.
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Per un imperscrutabile disegno del destino, Bepi ci è stato tolto. E’ stato
portato via alla famiglia, agli alpini, agli amici, è stato tolto alla sua
terra e alla sua gente.
Ma
le sue qualità di uomo, e di alpino, non sbiadiscono la sua immagine nella
nostra mente. Non potremo dimenticare il suo essere dinamico, signorile nel
tratto e nobile nei sentimenti, la sua impareggiabile capacità di comunicare,
la sua forte e coinvolgente carica umana, la sua grande disponibilità, il suo
stile. Soprattutto non potremo dimenticare che è perché ci sono alpini come
lui che noi, alpini del 2000, andiamo fieri del nostro cappello.
Ci
mancherai, Bepi, ma di te ci parleranno i segni indelebili che hai lasciato e
che il tempo non cancella, la tua grande fede alpina, e ...quel rombo di
pietre della tua sede, che tu hai voluto come ultima dimora.
dlmgfr