Storie dei nostri veci |
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LUIGI FRARE |
Maggio 2009
Incontro Luigi in un pomeriggio della scorsa primavera. Lo conosco da molti anni senza mai aver avuto il tempo di
approfondire la sua storia umana.
Ora è venuto il momento.
Luigi Frare è nato a San Vendemiano il 2 marzo 1923. Figlio di umili agricoltori, egli ha raccolto fin da bambino
quelle sfumature di saggezza tipiche del mondo rurale. Aveva un anno e mezzo quando con la sua famiglia si trasferì a
Sarano di Santa Lucia di Piave in Via Vanizza e da li non si sarebbe più mosso se non per rispondere alla chiamata alle
armi. Abilissimo nei lavori di falegnameria, il giovane Luigi venne assunto come bottaio prima dalla ditta Damian e poi
dalla Garbellotto. L’11 settembre 1942 Luigi Frare venne arruolato a Bolzano nel 4° Rgt Genio Divisione Alpina
Tridentina. Addestrato ed assegnato al ruolo di telegrafista a Bressanone, giovedì 8 settembre 1943 venne disarmato
con il suo reparto dai tedeschi. Iniziò così la sofferenza dell’internato Luigi Frare che già domenica 11 settembre fu
caricato su un treno bestiame e condotto a Limburg in Germania in un campo di concentramento. “Dormivamo in cento in
una stanza, su letti a castello a tre piani, eravamo trattati con cattiveria e bestialità inaudita, per loro eravamo i
“badogliani” che li avevano traditi”, così ricorda Luigi.
Dopo 15 giorni venne mandato a Mainz ad assemblare pavimenti in legno e poi a Wiesbaden, addetto alla cottura di pietre
per l’edilizia presso una fornace, assieme ai suoi compagni di sventura controllato a vista da alcune guardie riserviste
armate. Il lavoro duro veniva interrotto solamente dalla sirena che annunciava l’imminente e quotidiano bombardamento.
Luigi rammenta ancora che con i “soldi di occupazione” ricevuti per il lavoro svolto
poté andare al cinema
ovviamente sorvegliato dai tedeschi.
Nei primi giorni di marzo del ’45 venne trasferito da Wiesbaden a Bebrisch. Il cielo della Germania era in quei
giorni stabilmente occupato dalle fortezze volanti americane che rasero al suolo diverse città. Il
comandante del campo, un capitano delle SS, lasciò andare Luigi e gli altri che con pochissimi viveri camminarono per
otto giorni fino a Windechen. Accampati di fortuna per dormire sotto un dosso, al loro risveglio scorsero l’arrivo delle
colonne americane. Fattisi avanti ed esibita la propria identità ricevettero i primi viveri di conforto tra i quali il
cioccolato. Per alcune settimane si sistemarono a Helm ove collaborando con la sussistenza americana riuscirono a
sbarcare il lunario. Il 15 giugno 1945 Luigi venne rimpatriato a Bolzano presso la caserma dell’Artiglieria da montagna
da dove il giorno dopo, con un po’ di fortuna, trovò posto su un camioncino che lo riportò finalmente a casa. Dopo
i giorni dell’entusiasmo e della commozione per aver riabbracciato i famigliari, per Luigi come per gli altri reduci
cominciò il tempo della ricostruzione. Dopo qualche giorno venne riassunto dalla Garbellotto. Nell’ottobre del
1948 passò in forza alla Zoppas ove rimase per 31 anni sino alla pensione. Nel frattempo aveva coronato il suo
sogno d’amore sposando la signorina Noris Algeo dalla quale unione sono nati Carla e Claudio.
Si iscrisse subito all’associazione combattenti e poi alla sua nascita al Gruppo Alpini S. Lucia.
Qualche anno fa il Gruppo ANA lo premiò con un attestato per la giovinezza offerta alla patria e per la sua fedeltà ai
valori alpini testimoniata dalla sua costante e discreta presenza alle attività e alle manifestazioni più importanti.
Piace pensare che la sua umiltà e quel suo modo dignitoso di interloquire senza alcuna presunzione possa essere
d’esempio alle nuove generazioni ed è proprio volgendo lo sguardo a lui e agli altri benemeriti che il Gruppo Alpini S.
Lucia ha voluto dedicare la nuova sede ai “reduci di guerra”.
Renzo Sossai