Alla fine del secolo XII si ha
notizia che una consorteria di famiglie gentilizie si organizza creando una forma di governo comunale, che si insedia ai piedi di una
fortezza eretta già nel
sec. X su un colle tra i torrenti Ruio e Monticano, fino a quel
momento appartenente alla giurisdizione del Vescovo di Belluno. È la nascita di
Conegliano: il nome pare significarne il carattere militare, come analoghi luoghi
friulani (cuniculus, cuniculanus). Un documento del 1218 fornisce la descrizione
dei confini della “terra” di Conegliano, già estesa dalla sommità del colle, dov’è la
rocca, fino alle sue pendici meridionali; i confini sono segnati da una porta sul fiume
Monticano ad est (l’unica allora costruita in muratura, sul lato della quale provenivano
le invasioni ungaresche), la «chiusura» di 5. Martino (luogo dove più tardi
sorgerà l’omonima Chiesa), i prati del Musile a sud, il torrente Ruio a ovest.
L'abitato si addensa nel corso dei due secoli sulle più basse pendici del colle secondo
uno schema estremamente lineare e chiarissimo: disposto a fasce e con
l’andamento delle curve di livello, servito da una strada principale che va dal Monticano
al Ruio (la Contrada Grande, attuale via XX Settembre) e da due strade parallele
più alte (via Sarano e Borghetto, via Saran Novelo è la via che sale al castello),
e con al centro, prospiciente da monte sulla strada principale, la piccola e raccolta
piazza civile della comunità. Questo nucleo si prolunga nei borghi esterni, a
est Borgo Allocco, disposto lungo il Monticano, dove si insediano le attività artigianali
(i mulini e la lavorazione della lana), e il Borgo Vecchio, lungo la strada per Ceneda
e Sacile, nella quale si apre il mercato fuori le mura; ad ovest il Borgo di S.
Antonio e quello di 5. Caterina, lungo la strada per Treviso. Il castello isolato in alto,
rimane ancora per lungo tempo la sede del potere civile e religioso (vi sono il palazzo
del Podestà e la chiesa collegata di 5. Leonardo); ad esso si accosta il ricco
palazzo fortificato dalla nobile famiglia da Coderta, già citato nel 1180.
Il proliferare dei Monasteri, qui più numerosi che altrove, di alcuni dei quali si ha
notizia fin dalla prima metà del XIII secolo, denota l’avvio di un’intensa attività artigianale
ed agricola, oltre che assistenziale: 5. Maria in Mater Domini (1231), che
sorgeva alle spalle del Borgo Vecchio, potente e grandissimo, racchiudeva orti e
coltivazioni pregiate; quello dei Padri Umiliati di 5. Polo, esistente già nel 1316 sulla
riva destra del Monticano, era il centro della lavorazione della lana, che diventerà
una delle attività economiche principali dei “borghesi” di Conegliano; e poi, a
ovest, il convento di 5. Antonio, l’ospizio della Ca’ di Dio, il convento di 5. Francesco
dei Frati Minori, sorto in Borgo nel 1231 e spostato all’interno nel 1411, e infine
la scuola di 5. Maria dei Battuti, esistente già prima del 1272 in altra sede e dal
1348 riedificata con l’annessa Chiesa nella Contrada Grande. E pur tuttavia il centro, fiorente oramai per attività
artigianali e commerciali, continua ad avere una grande importanza militare, se il comune di Treviso imponendovi il suo
dominio dal 1148, ricostruisce il castello facendone il suo baluardo orientale verso il Friuli e il Patriarcato di
Aquileia, e se gli Scaligeri, nel breve periodo della loro Signoria su Treviso e Conegliano (dal 1329 al 1337), erigono
qui una poderosa cinta di fortificazioni, formata di tre gironi, uno intorno al castello, uno che divide il castello dal
Borgo, e uno a valle, a chiusura del Borgo, dove inoltre viene scavato il Refosso alimentato dalle acque del Ruio e del
Monticano: triplice cinta, con cinque porte, quasi copiata da quella eretta dai Caminesi a Serravalle. Anche Venezia,
alla quale Conegliano si dà con Treviso nel 1337, continua l’opera fortificatoria, costruendo nel 1370 una Bastida
formata da fossati e terrapieni a racchiudere Borgo Vecchio e il suo importante mercato; i Carraresi infine, che
l’hanno, dal 1384 al 1388, la rinforzano con la rocchetta posta a ridosso della Porta Monticano.
Compiute le opere di difesa, che già oramai servono a poco, subito un duro e rovinoso assalto degli Ungheri nel 1411,
Conegliano è in grado, sotto la dominazione veneziana, di riprendere il proprio consolidamento, ricalcando l’ossatura
già segnata nel periodo comunale. Si pone subito mano (nel 1338) alla costruzione del Palazzo Comunale (che sarà
ricostruito altre due volte) e la piazza si adorna di ricchi palazzi. Anche qui i segni di un grande fervore e benessere
si leggono sugli edifici che sorgono da quel momento.: la Contrada grande si riempie di case e palazzetti con le
facciate affrescate su alti portici sotto i quali si svolgono gli affari e i commerci; la confraternita dei Battuti può
erigere la chiesa e la nuova sala delle riunioni, commissionando a Cima (nel 1492) la pala per l’altar maggiore e al
fiammingo Pozzoserrato (nel 1592) gli affreschi per la facciata. Per un lungo tempo si continuano a riparare le mura e
le porte, mentre verso la fine del ‘600 anche la zona pianeggiante del Refosso comincia a riempirsi di funzioni ed
edifici, dopo la concessione di tenervi il mercato franco di animali. La descrizione che il Bonifaccio ne fa nella
“Historia Trivigiana” del 1591 è quella di una città bella, amena e opulenta, e già prima il Sanudo (nel 1483) aveva
annotato che essa chiedeva a Venezia “di avere Vescovo e di essere città”, volendo così prendere il sopravvento su Ceneda alla cui diocesi apparteneva.
I segni dell’impoverimento delle casse della Serenissima e delle comunità appartenenti al suo dominio, ma anche uno
spregiudicato spirito di rinnovamento, appaiono nel corso del ‘700, quando viene decisa la demolizione del castello,
lasciato oramai decadere, con il Palazzo Pretorio e la Chiesa di 5. Marco; i materiali ricavati vengono usati per la
costruzione del nuovo Palazzo Comunale (1744) e l’ampliamento con sostanziali rifacimenti
della Chiesa di S. Maria dei Battuti; qui nel 1756 viene insediata la collegiata, abbandonando quella di 5. Leonardo
rimasta fino ad allora, malgrado la scomodità, all’interno della rocca. Ciò significa d’altronde che il centro oramai è
definitivamente spostato in basso, e l’abitato si addensa sempre più nella pianura, lungo i borghi, nei quali già nel
corso del ‘600 erano state costruite nuove chiese con i monasteri, come il complesso votivo di S. Rocco, edificato sul
Refosso nel 1630 dopo le gravi pestilenze, e quello di 5. Martino costruito nel 1674 al posto del primitivo convento di
8. Lazzaro.
Per contro, la Serenissima stessa comincia a chiudere, e a demolire perfino, alcuni tra i più vecchi conventi; opera
continuata dai Francesi, tanto che di alcuni non rimangono più tracce (come quello di 5. Antonio, di 5. Maria in Mater
Domini, di 5. Polo), mentre altri vengono demanializzati e trasformati in ospedali o caserme in periodo francese e
austriaco. Qui, la definitiva trasposizione del centro vitale della città in pianura lungo il vecchio Refosso è oramai
segnata dal passaggio della strada regia (Strada Maestra d’Italia),rinforzata più tardi dall’apertura della ferrovia
(1858) e dalla stazione: in quest’area si insediano gli edifici ottocenteschi, le sedi delle banche, i negozi mentre la
strada del Refosso diviene “il Corso”, ornato di una passeggiata alberata; il collegamento pedonale aperto in
corrispondenza della demolita porta delle Beccarie, tra l’antica piazza del Municipio e il Corso segna la definitiva
rottura dell’andamento lineare e avvolgente del centro medioevale. A conferma di ciò, la costruzione del nuovo teatro
avviene in modo del tutto anomalo rispetto a quanto si riscontra in tutte le altre cittadine venete: esso viene
collocato nel fondale della piazza municipale, in asse col nuovo collegamento aperto verso il piano, con una massiccia
demolizione di un intero isolato preesistente, realizzata tra il 1846 ed il 1868. E se non vi è dubbio che la strada
regia e la ferrovia portino una certa ripresa nelle attività economiche e nello sviluppo civile della città (si
intensificano attività industriali legate all’agricoltura come la bachi- coltura e la viticoltura, sostenuta questa da
un’apposita e tuttora fiorente Scuola enologica istituita nel 1877), è anche vero che da questo momento ha inizio il
progressivo abbandono del centro antico, accelerato negli anni più recenti, tanto da lasciare segni evidenti soprattutto
nel tratto orientale della via XX Settembre e nei quartieri più modesti, a monte.
Si arriva a Conegliano dalla pianura seguendo il vecchio tracciato della strada statale 13, Pontebbana: e
subito - per contrasto con la casuale e disordinata espansione moderna - si può cogliere la felice disposizione del centro antico che ha
sfruttato sapientemente e
naturalmente le pendici del colle orientale a sud-est. L’insediamento si svolge su tre livelli: la fascia di pianura
formata dai borghi e dal “Corso”; la fascia adagiata sui primi gradoni del colle; e infine, isolato in alto, il
castello. L’itinerario seguirà quest’ordine, muovendo dalla parte più moderna a quella più antica.
Il “corso” (anzi i corsi: Vittorio Emanuele e Mazzini), oggi vero centro della città e passeggiata obbligata dei
coneglianesi, è l’antica strada del Refosso, che correva esternamente alla cinta medioevale delle mura scaligere, e
lungo il fossato: vi si affacciano infatti sul lato nord i retri con i giardini dei palazzi del centro più antico,
mentre gli edifici sul lato sud sono di formazione otto-novecentesca, con continue e recenti sostituzioni edilizie; vi
rimane la seicentesca chiesa di 8. Rocco e parte del monastero annesso (conglobato nell’edificio dalla Cassa di
Risparmio). La sistemazione ottocentesca del corso si insinua fin nel cuore del centro antico, con l’apertura della
gradinata degli Alpini e la ristrutturazione della Piazza O. B. Cima attuata attraverso la costruzione del grande Teatro
dell’Accademia, posto a fondale della piazza tra il 1846 ed il 1868. Per la visita al centro antico è possibile salire
anche dalla gradinata, ma è consigliabile rifare quello che era il percorso obbligato per chi proveniva dalla pianura,
entrando a ovest dalla Porta Ruio (la porta trecentesca, rifatta nell’800, si chiama ora Porta Dante), oppure, meglio
ancora, a est, attraverso la più antica porta della città, Porta Monticano, nei pressi della quale si trovano i resti
della rocchetta costruita dai Carraresi nel 1384 (una terza porta verso la pianura, quella di 5. Polo, era sul Refosso,
circa alla fine dell’attuale corso Mazzini, e prendeva il nome del convento di 5. Polo). Le due porte concludono l’ex
Contrada Grande (ora via XX Settembre), strada centrale del borgo già medioevale, nella quale si trovavano le case e
palazzi ‘di città” costruiti fra il ‘400 e il ‘600 dai più ricchi mercanti e artigiani di Conegliano: i più notevoli,
che si trovano fra la piazza e la Porta Monticano, sono eretti su portici, sopra un basamento declinante in ciottoli,
con le facciate spesso affrescate.
Il carattere unitario delle strade è ripreso dal complesso del Duomo della Scuola dei Battuti (tra la piazza e Porta
Dante), raro caso di chiesa così assimilata col tessuto edilizio; sulla strada si affaccia la sala di riunioni della
Scuola dei Battuti, costruita sopra un lungo porticato nel 1354 e affrescata esternamente dal Pozzoserrato nel 1592:
all’interno pareti completamente affrescate nel corso del ‘500 da artisti come Andrea Previtali, Francesco da Milano,
Girolamo da Treviso, il Giovane e lo stesso Pozzoserrato. Il Duomo, che si sviluppa dietro, è sorto come chiesa della
Scuola, e solo dal 1756 è chiesa collegata; ampliato e rifatto interamente in forme neoclassiche, è stato in parte
ripristinato nelle originarie forme gotiche da un restauro compiuto nel 1956. La bellissima pala dell’altar maggiore è
opera di Cima da Conegliano. Dietro il Duomo, in via Cima n. 24, è la casa di Cima da Conegliano, dove sono raccolti
documenti, memorie e riproduzioni di opere del pittore (c. 1459-1517/18) e reperti archeologici.
Dalla piazza Cima, fiancheggiata dal Pa]azzo Municipale ricostruito nel 1744, e da altri bei palazzi, si staccano due
strade laterali (cori viste all’interno di via Sarano e Borghetto, oggi vie Cima e Teatro Vecchio) fino alle salite al
castello: a sinistra quella più antica, pedonale (calle della Madonna della Neve),superato il Convento di S. Francesco
(chiostro quattrocentesco), porta sotto i resti delle fortificazioni trecentesche, lino alla spianata di Castelvecchio.
Dell’antico complesso, costruito a più riprese a partire dal secolo X, si riconosce il tracciato della rocca vera e
propria, e restano due torri restaurate, la torre della Campana che ospita I Museo Civico del Castello (aperto nel 1952,
raccoglie un lapidario e dipinti del ‘400 e ‘500) e la torre Mozza; nulla invece rimane del Palazzo Pretorio e della
chiesetta di S. Marco, che erano al suo interno. Esternamente si trova la chiesetta di 5. Orsola, forse abside della
collegiata di 5. Leonardo, mentre non vi sono più tracce del palazzo fortificato dei Da Coderta che sorgeva più ad est.
Sotto il castello, a sinistra, la Porta di Ser Bele, aperta verso i colli, consente di cogliere la visione del paesaggio
collinare veneto, con lo sfondo delle montagne, lo stesso che ispirò il Cima.
Conegliano è punto di partenza per due piacevoli itinerari che uniscono soluzioni di carattere eno-gastronomico (vini
pregiati e buona cucina) a rimarchevoli testimonianze d’arte e storia: la strada del Vino Bianco fino a Valdobbiadene
tra dolci colline (km. 42), e la strada del Vino Rosso fino ad Oderzo, in pianura (km. 69).
Panorama aereo del colle del castello di Conegliano.