ALPINI SEMPRE 1925-2015 - I 90 anni della Sezione di Conegliano

1925-2015

I PRESIDENTI COMBATTENTI

Dei primi Presidenti, da Gambi a Vallomy, si è trattato nella pubblicazione “1925-1985, 60 anni di vita alpina a Conegliano” pertanto qui se ne tratteggia ancora il profilo contestualizzato, però, nel differente momento storico, politico ed istituzionale in cui operarono. Da sottolineare che tutti furono combattenti, avendo partecipato attivamente chi al primo conflitto mondiale, come Gambi, Bidasio e Curto, chi al secondo come Vallomy, o addirittura ad entrambi, come Piovesana e Zava.

La vita della Sezione è marcata da due pietre miliari, strettamente ancorate alle conseguenze delle due guerre mondiali che scrissero e riscrissero la storia del XX secolo. Due momenti, e visto l’esito non poteva essere diversamente, calati in due contesti diametralmente opposti e che vanno, quindi, letti e analizzati con ottiche differenti.

- 1925. La nascita. Pur fiaccata da una grave recessione economica e percorsa da fremiti sociali, spesso violenti, di massa (Leghe Rosse, Leghe Bianche, Fasci di Combattimento) e blocchi ideologici contrapposti (Social-comunista, Cattolico-popolare, Nazional-fascista) l’Italia vive ancora gli anni esaltanti della Vittoria. Un evento, sfruttato poi ideologicamente dal Fascismo, salito nel frattempo al potere, da celebrare in un’Italia militarizzata con imponenti Sacrari di marmo nei luoghi delle battaglie e Monumenti di bronzo in ogni città e paese: ogni Caduto viene trasformato in Eroe invitto e immortale, alla stregua degli antichi guerrieri greci e romani. Memoria di pietra viene definita oggi quella monumentomania, vera e propria retorica della guerra e della vittoria. Anche i reduci, di conseguenza, vengono onorati e riveriti (nel 1968 saranno insigniti del Cavalierato di Vittorio Veneto) nelle tante manifestazioni di impronta patriottica e nazionalista. Inquadramento al quale anche l’ANA obbligatoriamente deve adeguarsi e con essa le sue Sezioni, Conegliano compresa.

- 1945. La rinascita si fonde, invece, con il dramma di una guerra sciagurata malamente persa, e per di più dall’epilogo fratricida, che andava dimenticata in fretta. E sono i reduci e i sopravvissuti alla prigionia, per molto tempo ignorati, emarginati e defraudati di ogni dignità dalle Istituzioni come fossero corresponsabili del disastro (a differenza invece dei partigiani subito adottati da una parte politica), i soli a tenere vivo il ricordo del Caduto che è, prima di tutto, un amico che ha dato la propria vita servendo la Patria per dovere e con onore. La loro memoria, di conseguenza, non viene più affidata solo a nomi incisi su Sacrari e Monumenti fine a se stessi, ma viene principalmente tramandata con innumerevoli grandi e piccole opere di bene pubblico. Proprio dalle lacrime e dalle ceneri del dopoguerra, nasce il motto Onorare i Morti aiutando i Vivi, quel filo invisibile, empatico, che unisce tutte le Penne Nere in un unico spirito, e che fa dell’ANA qualcosa di inimitabile. Un fenomeno associativo, unico nel suo genere, che proprio per la sua straordinarietà oggi è analizzato e studiato dalle più prestigiose Università di tutto il mondo.

In ambito sezionale, questa nuova presa di coscienza comincia a manifestarsi già nel gennaio 1946 a Solighetto con la prima, mesta e raccolta, commemorazione di Nikolajewka, decana d’Italia.

 

(segue)