7° ALPINI |
Giugno 1964 |
inizio
(12a puntata)
Già si disse che, prima della tragedia di Caporetto, il
Btg. «Cadore si trasferì dal Piccolo Lagazuoi all’Altissimo, mentre il Btg. «Belluno» passò dalla Bainsizza al
Cansiglio.
Durante i combattimenti sulla Bainsizza il Btg. «Belluno» aveva dato nuova prova del suo valore a quota 545,
nell’attacco al Kukli Vrh, reso evidente dalle decorazioni meritate dai suoi alpini: nove medaglie d’argento e otto
medaglie di bronzo.
Il 24 ottobre lo stesso battaglione venne inviato al Monte Rosso dove una mina aveva sconvolto le trincee della Brigata
«Etna» lasciando solo una decina di fanti superstiti che resistevano accanitamente; in condizioni atmosferiche pessime,
venne attaccato l’ultimo apprestamento nemico sul Monte Rosso che venne infine totalmente conquistato.
I progressi conseguiti dall’avversario in pianura misero il Btg. «Belluno» nella necessità di ritirarsi, dalle posizioni
raggiunte, fino a Tarnova, oltre l’Isonzo. La gloriosa unità alpina salì poi al Monte Stol combattendo accanitamente
corpo a corpo contro il soverchiante nemico fino al quasi totale sacrificio dei suoi uomini.
Dopo la riorganizzazione il Btg. «Belluno», privo ormai di comandante titolare fin dal 12 giugno, il 10 novembre 1917
rimase isolato tra il Bosco Cansiglio e il Lago di S. Croce a seguito dell’occupazione nemica del passo di Fadalto;
molti alpini furono fatti prigionieri e ben pochi riuscirono a rientrare avventurosamente nelle linee italiane.
Nell’impossibilità di ricostruirlo, il Battaglione «Belluno» venne sciolto il 9 dicembre 1917 per ordine del Comando
supremo.
Ugualmente eroico ma più fortunato fu il Battaglione «Pieve di Cadore» il cui comando era stato assunto, in meno di
cinque mesi, successivamente dal Cap. Ettore Slaverio, dal Cap. Alfredo Ceriani, dal Cap. Ferruccio Cavalieri e dal Cap.
Pietro Calisi, passando infine al Magg. Eugenio Oggerini dal 7 ottobre 1917 quando l’unità si dispose con le compagnie
67° e 68° sul lungo tratto che va dal Doss Casina alla Madonnina del Bo mentre la 75° andò in riserva a Doss Tre Alberi.
Gli scontri tra pattuglie ripresero con particolare intensità e, il 12 febbraio, un nucleo di alpini del «Cadore»
guidato da Menegus raggiunse il paese di Scudelle dove si trovava un posto di guardia austriaco; mezza pattuglia assalì
gli avversari al momento del cambio della guardia e l’altra metà entrò fulminea nel fabbricato occupato dagli austriaci
impegnando con essi una furibonda lotta a pugnalate:
otto nemici morirono e quattro vennero catturati mentre un solo alpino rimase ferito.
Il 5 marzo il Battaglione «Cadore» si trasferì per un mese di riposo a Mama d’Avio dove passò al comando del Magg. Luigi
Sibille e, dopo tre mesi trascorsi in zona più arretrata, risalì a Doss Trent e Doss Tre Alberi dove rimase per oltre un
mese.
Le azioni di pattuglia si fecero particolarmente frequenti specie ad opera del tenente Italo Balbo che comandava il
plotone arditi del Battaglione.
Dopo breve riposo a S. Ambrogio di Valpolicella, il Btg. si trasferì a Schio e poi a Magrè entrando a far parte del1’8°
Divisione Alpina del Gen. Barco; altri spostamenti a Maglio di Sopra, Isola Vicentina, Sandrigo, ed infine, dopo tre
marce notturne, a Fietta del Grappa e poi a Boccaor dove il Battaglione contribuì a mettere in postazione i cannoni per
la grande battaglia del Grappa scatenata il 24 ottobre.
Dopo tre giorni dall’inizio della battaglia la 67° compagnia del «Cadore» agli ordini del Cap. Roldo giunse
frazionatamente in linea superando uno sbarramento di proiettili; il comandante della compagnia e due altri ufficiali
rimasero feriti e i superstiti vennero contrassaltati da forti reparti avversari per cui dovettero spostarsi a quota
1672 dei Solaroli.
La 68° compagnia del Cap. Radaelli e la 75° del Cap. Chiambretto attaccarono nel pomeriggio del 27 ottobre con alla
testa gli arditi di Balbo e sotto il grandinare delle mitragliatrici nemiche; ufficiali ed alpini si spinsero sempre più
avanti e il sottotenente Franco Angelini Tocci quasi raggiunse la trincea austriaca quando una bomba a mano gli scoppiò
vicina; alla sua memoria venne conferita la medaglia d’oro.
Dopo il mancato successo il battaglione venne riordinato nella colonna «Ragni» e posto a presidio delle trincee sul
costone del Valderoa fino al 31 ottobre quando la linea difensiva nemica cedette.
Il Battaglione «Pieve di Cadore» — citato nel bollettino di guerra del 9 novembre 1918 — raggiunse Seren, disperse uno
sbarramento di mitragliatrici a Rasai impedendo che si aggravasse la vendetta austriaca sulla popolazione.
Alle porte di Feltre, il Battaglione ebbe l’ordine di fermarsi e gli alpini sentirono dire che ciò sarebbe stato
disposto per lasciare l’onore dell’ingresso in città ai francesi dell’VIII Armata: ma, assieme ai resti del Btg.
«Exilles», i superstiti del Battaglione «Cadore» proseguirono entrando acclamatissimi a Feltre alle ore 17,30 del 31
ottobre e catturando duemila austriaci. Due giorni dopo arrivarono i signori francesi.
Il battaglione «Cadore» concluse così la propria odissea nella guerra 1915-18 e che gli costò 171 morti, 338 dispersi e
975 feriti.